Quando va male ovvero come gestire un rifiuto


Ufficiosamente / venerdì, Marzo 11th, 2016

va tutto beneLa vita è fatta di aspettative, il 99% delle quali frustrate e disattese. A meno che non si sia Gastone, il cugino fortunato di Paperino, o si goda di una posizione sociale molto favorevole o di un aspetto fisico ancora più favorevole, le porte in faccia saranno sempre superiori a quelle aperte. Fatevene una ragione.

Ecco perché ho pensato sia utile fare un piccolo elenco di tecniche per gestire un rifiuto, ma visto che le tipologie sono varie e ho già parlato abbondantemente dei “Pali”, mi dedicherò a quelle dolorose sprangate in pieno volto che si prendono in ambito professionale, soprattutto se si è tanto pervicaci da voler a tutti i costi cercare dimostrare al mondo di essere un genio incompreso.

Le tecniche che sto per elencare, badate bene, hanno uno scopo ben preciso: non far vedere che stiamo a rosicà, perché niente è peggio che farsi vedere vinti dal vincitore, mai dare la soddisfazione di averci spezzato, piegato forse, ma mai vinto del tutto.

Quindi veniamo a noi:

1.L’accetta.

Se si ha la possibilità di un confronto diretto e fisico è sempre stato uno dei miei sistemi preferiti. Ma non illudetevi, non intendo l’accetta vera, parlo di quella metaforica. La cosa migliore quando ti dicono di no inventando di solito scuse assurde, arrampicandosi sugli specchi talmente bene che sembrano avere le dita con le ventose, è prima di tutto concentrarsi sul proprio corpo. Bisogna concentrarsi sulla postura e aprire le spalle, non chiudersi e ingobbirsi per la botta ma, seguendo un principio fisico, ridurre la forza del colpo dando più superficie dove colpire. Quindi pancia in dentro e petto in fuori, se poi si ha anche un petto decente meglio ancora, aiuterà ad aumentare la dignità nella ricezione della botta. Non bisogna iniziare a contestare, o urlare o prendere la cornetta del telefono e cercare di colpire in testa l’interlocutore. Bisogna respirare molto piano, quasi come si fosse morti, assentire solo impercettibilmente e non incrociare le braccia, perché tutti sanno che è un segno di chiusura. Facendo così la cosa durerà poco, sarà come tagliarla prima che degeneri, e voi potrete andare tranquillamente a sfondare la porta del bagno per riequilibrare le forze.

2.Il canto delle balene

Quante volte abbiamo ricevuto risposte negative per telefono. Sta a metà tra il rapporto diretto perché comunque si parla e quello impersonale in quanto non ci si vede. E proprio per questa posizione in bilico è forse il rifiuto più pericoloso, perché non abbiamo il freno della presenza fisica e nello stesso tempo sentiamo le castronerie con le quali infiocchettano la loro incapacità di capirci e di apprezzarci. Per questo chi riesce ad incassare le botte per telefono è già un professionista della tecnica del rifiuto, ma occorrono anni e anni di esperienza e disciplina. La tecnica prevede di concentrarsi su un rumore di sottofondo o su una canzone che abbiamo in testa, magari ripetitiva, mentre l’interlocutore parla, così alla fine quello che otterremo è il famoso “canto delle balene”, un dolce suono marino che annulla le parole sgradite che non vogliamo sentire. A questo punto il denigratore del nostro pensiero lascerà perdere e troncherà la telefonata, tanto quello che doveva dire l’ha detto e noi quello che gli vorremmo dire non possiamo dirglielo.

3.La telepatia

Per ultimo il diniego che arriva dopo ere geologiche di attesa. Quando la risposta che aspettavate ci mette otto mesi per arrivare già lo sapete che c’è scritto su quell’email quindi la reazione non è violenta, è rassegnata. Se nella situazione numero 1 noi fingiamo rassegnazione, qui la accogliamo con serenità. Ma proprio perché siamo sereni e rileggiamo due volte il testo in cui si vede che vorrebbero essere gentili mentre ti scaricano ma riescono solo ad essere irritanti e saccenti, dobbiamo frenare la voglia di rispondere con frasi taglienti e battute sagaci. Dobbiamo essere gentili pure noi, e quindi tagliate tutte quelle frasi che vi vengono in mente sulla loro capacità di attenzione o sul fatto che metterci otto mesi per leggere quattro pagine meno male che non gli è piaciuto altrimenti eravate voi quelli che si dovevano preoccupare. La parola d’ordine è “cortesia” e il tono è asciutto perché voi per leggere la loro email ci avete messo 8 secondi non 8 mesi: “grazie del tempo che mi avete dedicato”.

E alla fine, qualsiasi sia il modo, il momento, la motivazione per cui arriva il triste no, vi riporto il saggio consiglio che un mio zio diceva a mio padre e che mio padre diceva a me per ridarmi la serenità in queste tristi occasioni: “Non ti curar di loro, ma guarda, sputa e passa”.