Ecce Homo di Antonio Ciseri


Ma l'arte serve? / martedì, Febbraio 9th, 2016

Ecce_homo_by_Antonio_Ciseri_(1)Ecce homo. Pilato porta Gesù, già fustigato e quindi punito per il suo reato, davanti alla folla per chiedere che farne di lui. Pilato chiede al popolo di scegliere chi salvare tra chi dice di essere il Messia e chi sanno essere un ladro, il famoso Barabba compiendo il famoso gesto di “lavarsi le mani”.  Un episodio famoso che preannuncia il percorso della Passione e che l’artista italo-svizzero Antonio Ciseri racconta con un gusto neoclassico che vale la pena ammirare. 

Gesù rappresenta un’idea di bene che non corrisponde a quella della folla. La parola di Dio che porta è nuova, non è solo quella del perdono e dell’apertura all’altro. Cristo che si piega al sacrificio persegue un progetto di rinascita dell’uomo che va oltre i confini politici e ribalterà la società come la conoscevano. La sua condanna è l’estremo tentativo della società di non farsi travolgere dall’inevitabile, di rifiutare il cambiamento e la crescita dell’uomo. Questo quadro ci porta al momento in cui l’umanità crede di poter decidere dove andare, è il momento in cui l’ordine costituito mostra agli ebrei la possibilità del loro cambiamento e loro cercano, senza successo, di rifiutarlo.

In una bella giornata di sole, la folla urlante al di sotto della balconata riempie con gesti concitati il secondo piano della scena, mentre Cristo, a petto nudo, è esposto al giudizio non solo dalla sua posizione costretta, con le mani dietro la schiena, ma dall’ampio gesto di un Pilato senza volto, fatto solo di una toga bianca attraversata dai raggi del sole.

La composizione si muove su diagonali che seguono le linee del pavimento, con un’apertura centrale che permette a Ciresi di dedicarsi alla resa minuziosa della stoffa della tunica di Pilato e costruire la fuga prospettica che dalla folla va agli edifici. E sempre il bianco della tunica di Pilato si scontra con il rosso della veste aperta di Cristo, che non guarda la folla, ma il romano a fianco a lui, perché già conosce il verdetto che seguirà al quesito.

La forza di questa immagine è quindi l’equilibrio, nonostante sia affollata di personaggi e piani prospettici rimane pulita e chiara. Il dialogo muto dei diversi protagonisti si svolge in modo semplice e nitido, ma sempre corale, come dimostra l’accordo visivo tra la donna che dà le spalle alla scena e si sostiene con la compagna in attesa del giudizio esprimendo un dolore composto e rassegnato e l’atteggiamento degli uomini intorno, che sembrano invece incuriositi per un giudizio, almeno per loro, poi non così scontato.

Con questa composizione armoniosa nonostante i contrasti che rappresenta, l’ansia e la sicurezza, il chiuso e l’aperto, la pietà e la ferocia, e dove tutto e sovrastato da una luce pallida che si spande sicura, Ciresi restituisce non il dramma di “un uomo”, ma il dramma de “l’uomo”, la cui vita è un insieme di contraddizioni armoniose, che combatte la paura con le scelte sbagliate, che come singolo può essere artefice del proprio destino, ma come “umanità” rimane sempre vittima di se stesso.