Gustav Klimt – Isola sull’Attersee


Ma l'arte serve? / venerdì, Settembre 11th, 2015

Gustav Klimt Isola sull'AtterseeTutti conosciamo “Il bacio” di Klimt, c’è gente che va a Vienna appositamente per vederlo, è uno dei must delle scatole di cioccolatini per San Valentino e delle scritte che parlano d’amore.

Ma Klimt non è soltanto “Il bacio”, è anche ritratti, opere monumentali e paesaggi.

Paesaggi come questo, intitolato “Isola sull’Attersee”, anche se dell’isola si vede proprio poco, e datato 1901.

Di una modernità sconcertante, prima di tutto per il formato quadrato, che all’epoca non era così scontato ma che per il nostro tempo, sempre più abituato al formato visivo di Istagram, è quasi usuale. Klimt concentra tutta la visione del paesaggio nella mobilità dell’acqua, che occupa quasi la totalità del campo visivo grazie ad un orizzonte posto al limite della scena.

Forse per aumentare l’ambiguità del titolo, l’artista non presenta un’immagine della terra che sopravvive all’acqua, come fanno appunto le isole, ma dell’acqua che domina la terra.

Un complesso gioco di riflessi dà corpo alle onde, che restituiscono i colori del lago e non del mare, grazie ai toni del verde eco di uno spazio intorno, di una vegetazione non visibile direttamente, ma intuita.

Ed insieme il movimento ritmico e costante produce una sorta di dondolio emotivo in chi guarda: fissiamo l’acqua cercando di vedervi attraverso, di capire il movimento, ed insieme ci lasciamo andare ad esso.

Un dipinto bellissimo perché nel suo essere apparentemente squilibrato, ovvero concentrato sull’acqua così da limitare lo sguardo dello spettatore con il taglio stretto dell’orizzonte, fatto di montagne e non di cielo, riesce invece a presentare una profondità perfetta nell’acqua in secondo piano, un’emotività vibrante nelle onde in primo piano, ed in generale l’idea di una circolarità dello spazio, una sorta di chiusura che non è claustrofobica, ma rassicurante.

L’acqua che dipinge Klimt dialoga serenamente con tutto l’ambiente, lo condivide e lo riflette, rendendosi insieme cielo e terra, luce atmosferica e solidità plastica, in un dialogo bisbigliato tra il silenzio dell’uomo e i rumori della natura.