I formati e le misure del dubbio


Ufficiosamente / lunedì, Novembre 12th, 2018

Il dubbio ha vari formati e misure.

C’è il dubbio tascabile, ha la forma di un pacchetto di gomme da masticare, lo porti sempre con te e lo tiri fuori ogni qual volta ti trovi davanti a qualche occasione potenzialmente imbarazzante. Anche se non pesa molto e occupa poco spazio è comunque sempre disponibile per crearti disagio e ridurre la concentrazione, ha quindi un livello di performance qualità/stress di tutto rispetto.

Il dubbio formato famiglia invece, è quello che, nato come tascabile, ma viene passato di mano in mano tra consanguinei o amici intimi che se lo fanno rimbalzare addosso cercando di scaricarlo il prima possibile. Questo ne causa un aumento di misura che lo farà diventare troppo grosso per essere spostato e gli permetterà di schiacciare l’ultimo a cui è capitata la sventura di riceverlo.

Abbiamo poi il formato da asporto, ovvero quando c’è qualcosa che ci inizia a rodere in un dato momento della giornata, di solito un problema di lavoro, e poi ce lo portiamo a casa come fosse una cartellina dimenticata nella borsa. Questo rimane in sottofondo durante tutte le attività della sera, nel sonno, e poi ricompare quando ci sediamo, il giorno dopo, alla scrivania.

Il dubbio amletico è, invece, quello in cui sai già la risposta ma fai finta che ne potrai trovare un’altra. Allora ti interroghi ripetutamente sullo stesso problema, cerchi di guardarlo da angolature diverse ma, nonostante l’impegno, ti ritrovi sempre a darti la stessa sentenza che non ti vuoi dare.

Quello inutile è simile all’amletico, ha però una sfumatura più sfacciata, è cioè veramente evidente che non ci sarà una soluzione diversa alla domanda che ti poni, e di solito la soluzione è la peggiore che ti viene in mente.

Il dubbio saccente, è quello di chi sa la risposta ma vuole che gli altri gli diano ragione. Viene usato da quelli che vogliono umiliare gli interlocutori con la propria superiorità intellettuale, la quale viene ribadita e consolidata non dall’espressione del dubbio, ma dalla sua soluzione, sempre favorevole a chi lo ha posto.

Ognuno di questi formati racchiude però un nucleo adamantino composto dalla certezza che proprio ogni nostra certezza può essere demolita, che le nostre conoscenze non saranno mai complete e limpide in senso assoluto.

Ecco perché il migliore dei dubbi rimane quello detto “esticazzi”, ovvero quello a cui rispondiamo con rinnovata serenità dopo aver compiuto un’importante introspezione che ci permette di affidare al fato cose che, purtroppo, non dipendono da noi.