Il cappotto della stagione


Ufficiosamente / lunedì, Dicembre 9th, 2019

Ciao, sono Giovanna, ho 43 anni e ho un problema coi cappotti.

Tra i miei tanti atteggiamenti compulsivi posso annoverare l’esigenza di accumulare capi spalla per tutte le stagioni, ma con una particolare attenzione a quelli adatti ai mesi freddi.

La mia è una malattia, ma nessuno lo vuole riconoscere perché è troppo scomodo ammettere che non è normale comprarsi tre cappotti ogni inverno e non buttare mai quelli degli anni precedenti. Anche se il principio che mi muove è semplice: se li ho comprati mi piacevano, quindi perché dovrei liberarmene?

In più riesco anche ad usarli bene, a non macchiarli, a non strapparli, così non ci sono motivi legati all’usura che mi dovrebbero spingere a fare spazio nell’armadio. Anzi, se facessi spazio forse sarebbe peggio perché potrei riempirlo ancora di più.

Ma torniamo ai cappotti. Come ho anticipato non ho preferenze particolari, mi approccio all’uso e all’acquisto in funzione delle differenze climatiche nelle diverse stagioni e alle situazioni contingenti del meteo. Se alcuni li scelgono in funzione del colore, io mi baso prima di tutto sul grado di calore. A seconda della temperatura decido cosa sia più indicato indossare.

Ovvero:

Dai 20 ai 18 gradi la giacca leggera di tessuto o di pelle, oppure l’impermeabile sportivo o il trench.

Dai 18 ai 14 gradi il piumino 100 grammi con una delle giacche citate sopra o il cappottino senza imbottitura.

Dai 14 ai 12 gradi il cappotto più pesante o il piumino medio o il pellicciotto.

Dai 12 ai 5 gradi il piumino con la pelliccia sintetica o il doppio piumino o il pellicciotto con il piumino. Qui noterete come mi piace indossare anche più capi simultaneamente, un chiaro sintomo del mio essere accumulatore seriale di cappotti. Per questo quando incontro capi “3 in uno” non resisto e devo acquistarli.

Quando scendiamo sotto i 5 gradi il Woolrich diventa scontato, insieme ad un rosario per sperare di non perdere qualche dito per l’ipotermia.

Questo in breve l’approccio termico che determina le mie scelte, a cui segue l’approccio cromatico. Prediligo naturalmente i colori scuri in tutte le sfumature del nero del blu e del grigio, niente marrone, non mi sento proprio portata per questo colore, mentre mi accosto al verde con sospetto, ma alla fine mi piace l’accostamento con i capelli. Non uso fantasie, ho provato una volta con il camufflage ma non è andata bene. Spesso mi sento attratta dallo scozzese, per quella componente genetica della storica dell’arte che ama le gonne scozzesi, ma fino ad oggi sono riuscita a resistere all’istinto primordiale.

Infine la lunghezza. Si potrebbe pensare che sia un parametro associato al freddo, più lungo è più ti copre più lo usi quando fa freddo. Invece no, per me è legato alle dimensioni del mio posteriore. Ovvero più ingrasso più si allunga. E se vogliamo è un paradosso, il grasso mi dovrebbe tenere più calda, invece questo maledetto senso estetico contemporaneo, basato sul senso di colpa verso la natura mediterranea delle mie forme, mi costringe a coprirle quando mi sembra che superino gli standard richiesti.

Così anche le lunghezze variano a seconda delle stagioni e dell’ago della bilancia, mentre quello che non cambia mai è questo desiderio di aggiungere una stampella all’armadio, perché ogni stagione è diversa dall’altra e a me manca sempre qualche cosa…