La settimana in una filastrocca


Ufficiosamente / lunedì, Gennaio 12th, 2015

settimanain collaborazione con Francesca Rosati

E’ lunedì, e tutti sanno che odio il lunedì. Eppure, a ben guardare, ogni giorno della settimana ha un suo lato pericoloso. Ricordo una filastrocca che mi ripeteva mia madre e che diventa spunto di riflessione.

Lunedì lunedì ahi!

Il lunedì ti toglie l’allegria, vedi la lunga fila dei giorni che ti aspettano, incontri sempre imprevisti sgradevoli, mentre ti rimbalza addosso tutto quello che avevi rimandato il venerdì prima. Ti sembra di iniziare una salita fatta di sampietrini con i tacchi a spillo mentre un nugolo di zanzare ti morde sulla faccia. Ok, forse è un po’ catastrofica come metafora, però rende molto l’idea, non lo potete negare.

Martedì non lavorai

Ma se il lunedì toglie l’allegria perché il martedì sarebbe migliore?  Lo diceva pure un altro esempio di saggezza popolare: “Né di venere né di marte, non si sposa né si parte; né si dà principio all’arte.” Quindi non è il caso di fare niente. Però per il lunedì si ha la scusa del “rientro morbido”, mentre con il martedì diventa più difficile procrastinare e quindi spesso tocca almeno iniziare lavorare. Sarà per questo che si riesce a trovare qualcosa di storto pure in questo giorno, che diventa troppo simile a quello prima.

Mercoledì persi la rocca

Il mercoledì, nella sua posizione intermedia, si pone come tutte le cose a metà strada: interlocutorio. Vediamo una luce di speranza in lontananza, ma va e viene, è immersa nella nebbia della settimana in svolgimento. Però a volte si trasforma in “merlundì” ovvero un orribile ibrido dove le coincidenze negative ti fanno sentire come fosse lunedì, anche se hai la coscienza che quel giorno è già passato.

Giovedì la ritrovai

Il giovedì la storia inizia a cambiare, per alcuni è addirittura il momento della massima felicità, e non solo per i filippini che hanno convenzionalmente il giorno di riposo: hai capito che avrai ancora solo un giorno davanti e poi potrai non mettere la sveglia per due giorni di fila. Inizi ad organizzarti il weekend, guardi le previsioni del tempo, pregusti silenziosamente il tempo libero che ti aspetta proprio là, dietro quelle altre 24 ore.

Venerdì l’inconnocchiai

E finalmente arriva il venerdì, pieno di buoni propositi, illuminato dalla luce della speranza, leggero degli impegni che si diradano, o almeno sembra così perché li buttiamo tutti sotto il tappeto metaforico della nostra coscienza. Però anche il venerdì è traditore: ti frega l’ansia di dover pensare ai programmi serali, visto che sabato puoi dormire fino a tardi la mattina. Così ti trovi davanti ad una delle grandi verità della nostra epoca: se ti abbandoni al peso della stanchezza che ti si è accumulata sulle spalle tutta la settimana e te ne resti a casa il venerdì sera, magari a fare la conchetta sul divano, non ci sono alternative: sei uno sfigato.

Sabato mi lavai la testa

Sabato diventa così, per molti, il giorno migliore, perché comunque si vede questa distesa di quarantotto ore di fancazzismo tutte per noi, ma dopo i primi dieci minuti in cui ancora ci stropicciamo gli occhi cisposi e sentiamo il retrogusto del venerdì sera, ci rendiamo conto che il mondo continua a girare e pretende da noi la sua parte. Così l’ansia del venerdì si evolve nella pianificazione forzata della giornata, fatta per svolgere commissioni, risolvere problemi, o “divertirsi”, ovvero uscire di casa bradi a fare cose, vedere gente, muoversi e spendere soldi. A questo si aggiunge  il pensiero dell’eventuale pranzo della domenica con tutto il parentame, annessi e connessi e la costruzione delle scuse per evitarlo.

Domenica non lavorai perché era festa

E alla fine, accolta dalle campane della messa, arriva il giorno della settimana dedicato ufficialmente al riposo. Eppure lo sappiamo tutti: la formula “Domenica” uguale “Relax” è una mera utopia. Alle 09 di mattina pensi già che tra esattamente 24 ore starai varcando la soglia dell’ufficio. C’è altro da aggiungere?