La verità del riflesso, Circe che porge la coppa a Ulisse di J. W. Waterhouse


Ma l'arte serve? / lunedì, Giugno 13th, 2016

Circe, regina della sua isola ma soprattutto maga, dal suo trono offre una coppa a Ulisse. La coppa è il suo benvenuto, un inganno che ha trasformato i compagni dell’eroe in maiali, in una metafora impietosa della vera natura degli uomini e della forza della seduzione delle donne.

Ma Ulisse è furbo, è il primo dei truffatori, quindi non cade nella trappola e non solo si salva dalla magia, ma fa innamorare la regina che entrerà nell’elenco delle sedotte e abbandonate della letteratura classica.

Waterhouse scegli il momento dell’incontro, in cui i due protagonisti, ognuno a suo modo, si sentono minacciati dall’altro, quando ancora non si è sicuri di come andrà a finire. Circe vede le navi e la minaccia alla sua libertà, Ulisse vede il maiale, la coppa, oltre alla bellezza della regina e teme per la sua vita. La donna usa la seduzione e l’inganno, l’uomo la furbizia e la scaltrezza. La fine sarà un pareggio, perché se pure sarà lei avrà qualche delusione in più, comunque non perderà il trono e lui non perderà la testa.

Una scena dalla tensione drammatica sottile che si esplica nell’invenzione dello specchio, deus ex machina della narrazione e del senso di profondità dello spazio. E’ grazie a lui, infatti, che possiamo vedere quello che vede la maga: Ulisse e le sue navi attraccate davanti alla sua isola.

In primo piano abbiamo la bellissima Circe costruita con una posa che vuole farle occupare più spazio possibile grazie alle braccia distese in avanti verso lo spettatore, il mento alto e lo sguardo verso il basso a giustificare una posizione sopraelevata non solo fisicamente.

Ai piedi, disteso sul gradino, il maiale che un tempo era un marinaio, riposa come un cane in un ritratto rinascimentale, mentre lo stile “classico” rivive anche  nelle linee circolari che si rincorrono partendo dallo specchio, per poi scendere alla spalliera del trono e sulla forma del gradino, fino a disegnare il pavimento stesso.

La veste azzurra della maga da cui si intravedono le forme morbide e la scelta generale dei colori richiamano l’ambientazione marina, ma anche cupa della scena, e ne aumentano l’impatto emotivo, mentre la pelle candida della donna si scontra con il colore riarso del condottiero, che racconta il mare da cui proviene.

E quando si è guardato tutto questo si capisce che una composizione che sembrava avere come protagonisti la bellezza, l’inganno e la furbizia femminili, invece vive per raccontare la potenza del riflesso, guida che rende possibile vedere oltre i propri occhi, invertire la prospettiva, aprire lo spazio e rendere la verità che ne consegue accessibile a chi guarda in un modo nuovo e imprevisto.