L’amore infelice. Apollo e Dafne di Bernini


Ma l'arte serve? / mercoledì, Luglio 4th, 2012

La storia di Apollo e Dafne è quella di un amore che si annulla. Una ossessione indotta per dispetto da un altro Dio, Cupido, che per far pagare un’offesa ad Apollo lo colpisce con la freccia dell’amore, mentre scocca su Dafne, ninfa incolpevole, la freccia dell’odio. La composizione si ferma nell’attimo in cui l’innamorato ha preso la disperata che scappa e il trionfo e la sconfitta si confondono. Perché Apollo non vince, si trova tra le braccia un albero, e Dafne si libera, grazie alla trasformazione. Di fatto però ognuno rinuncia a qualcosa, l’amore per Apollo, la forma umana per la ninfa. E nessuno dei due sa veramente cosa stia facendo, perché la motivazione dell’affanno, della lotta e dell’inseguimento non ha una spiegazione razionale.

Bernini sceglie una composizione ascendente, costruisce i corpi in un vortice che vuole restituire quasi il movimento d’aria prodotto dalla trasformazione di Dafne, mentre evidenzia la giovinezza dei personaggi, quasi adolescenti, come a ribadire quando sia più facile perdere il controllo da giovani.

Questo mito vorrebbe portare all’estremo l’istinto dell’amore, il sentimento ha ragioni che la ragione non comprende. Così la posa stessa dei personaggi, lontani nel loro essere insieme, ricorda che amore dovrebbe essere incontro, dovrebbe essere due volti che si guardano o guardano nella stessa direzione. Non è vero che in amore vince chi fugge, perché finché non ci si ferma e non ci si gira nessuno avrà mai niente.

Che sia il capriccio di un Dio o un “quid” che non ha nome, l’amore che non ragiona è sempre il più infelice.

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