Le carezze amare di Fernand Khnopff


Ma l'arte serve? / martedì, Aprile 5th, 2016

Fernand_Khnopff_002Fernand Khnopff, artista belga proveniente da una famiglia facoltosa e cresciuto in un posto magico come Bruges nella seconda metà dell’ottocento, racconta in questo quadro una magia ed insieme un mito famoso.

L’immagine è di per se favolosa, un essere dal corpo di ghepardo ed il viso di donna abbraccia, per quello che gli permettono le zampe, un giovane uomo e lo tiene stretto in un contatto tra le guance. Non a caso il quadro si chiama “La carezza”, ad evocare con chiarezza l’importanza del gesto alla base della composizione.

La creatura è una sfinge, essere mitologico con volto femminile e corpo felino, mentre il giovane è Edipo, futuro re di Tebe, come dimostra lo scettro.

Ecco quindi il famoso mito di Edipo e la Sfinge. Ma la storia che sceglie l’artista è un po’ diversa da quella tramandata dai classici dove il mostro sanguinario che uccide tutti gli uomini davanti all’ingresso della città cade sotto l’intelligenza, o se vogliamo il destino, di Edipo. Qui la creatura reagisce alla sconfitta con un gesto impensato: sembra sottomettersi e innamorarsi. Ma appunto: sembra.

Un’analisi più attenta infatti evidenzia una inequivocabile complessità dei particolari della composizione e nel loro conflitto represso. Prima di tutto tra le espressioni dei protagonisti. Se il volto di donna sembra abbandonarsi ad un momento di piacere, quello del giovane invece è teso, con lo sguardo vigile e fisso davanti a sé. Come lei si avvinghia lui rimane rigido, pronto a scansarsi.

Verrebbe da pensare ad un atteggiamento eccessivamente prudente da parte del giovane se non fosse per la posizione delle zampe della Sfinge, che non sono rilassate ma pronte allo scatto.

Quindi la relazione tra i due protagonisti è basata solo su una calma apparente, c’è una sottile tensione che guida quelle carezze perché, per quanto apparentemente ammansito, quell’ibrido felino è sempre un mostro che ha come primo istinto uccidere, non amare.

Una volta messi insieme questi elementi diventa evidente lo scontro sottile tra il desiderio di abbandonarsi all’amore, alla serenità, alla pace, e l’intima conoscenza dell’istinto, della natura vorace di se stessi o dell’altro.

Edipo, nel suo intimo, non crede alla creatura che si sottomette, ne avverte l’essenza pericolosa, non si abbandona alla fiducia dell’amore, in una metafora di quelle relazioni basate sul pericolo, sul tragico sentimento delle passioni violente e spezzate, che vivono in quegli attimi di quiete apparente per poi scoppiare nello scontro violento.

Khopff presenta in questa visione simbolista di pace e calma la tragedia nella sua essenza più profonda, non quella dell’atto in sé, ma quella della rivelazione della coscienza, quando si diventa consapevoli che non ci sarà un lieto fine anche se apparentemente sembra tutto sotto controllo, anche se sembra che tutti si vogliano bene.