L’eruzione del Vesuvio di Giacchino La Pira


Ma l'arte serve? / venerdì, Ottobre 2nd, 2015

vesuvio di notte 1885 Gioacchino La PiraGioacchino La Pira è un pittore napoletano dell’Ottocento che, proprio per la sua origine, non può che dipingere l’Eruzione del Vesuvio, parte integrante dell’immaginario e della storia della città.

Naturalmente la descrizione dell’evento tragico è raccontata da lontano, in un paesaggio notturno dove è il rosso del fuoco e della lava che racchiude tutto il senso della distruzione e della sciagura. Gli uomini sono spettatori inermi, ombre che si stagliano su quella luce “innaturale”, che si scontra con quella pallida della luna, protetti dalle loro barchette e dal mare, che li separa e li salva dalla potenza distruttiva della terra.

La fusione di aria, terra e acqua si concretizza nella divisione netta dei colori che spacca il quadro in verticale,  mentre la nuvola delle polveri sembra avanzare minacciosa in avanti per ingoiare tutto il paesaggio grazie anche alla resa della luna in secondo piano, che osserva lontana e immota.

L’eruzione di un vulcano è qualche cosa di atavico e letteralmente inumano, perché niente ha a che fare con l’uomo. Quello che rimane dopo che la lava si è raffreddata è deserto nel senso profondo del termine.

Il vulcano rappresenta la terra nella sua origine più pura e terribile, pura perché limpidamente essenziale, terribile perché ci ricorda che il pianeta non è dell’uomo, ma è di se stesso.

Guardare l’eruzione è guardare la dimensione infinitesimale della propria esistenza rispetto alla natura, è prendere coscienza che il tempo esiste nella nostra coscienza, mentre oltre di noi esiste una visione delle cose che non possiamo controllare.

Ma per paradosso, si può vedere questa distruzione come necessaria alla rigenerazione, come il momento di un ciclo della vita in cui è necessario annientare l’esistenza per rifondarla. Eppure, in questo percorso, l’esistenza dell’uomo si porta talmente avanti nel nostro concetto di tempo da renderlo comunque un evento spaventoso.

E se l’uomo è sempre attratto da ciò che lo terrorizza, un quadro che racconta l’eruzione di un vulcano rimane sempre affascinante, anche grazie alla contrapposizione quel rosso caldo e infernale, brivido del momento pericoloso, con il freddo e bianco monito della luna, che ricorda l’imprevedibile potenza della natura rispetto alla dimensione fragile e insignificante dello spettatore.