Orchidea di Cattleya e tre colibrì di Martin Johnson Heade


Ma l'arte serve? / martedì, Marzo 5th, 2019

Una grande orchidea si contente il primo piano con tre piccoli uccelli che volano intorno al proprio nido, tre esotici colibrì in questo quadro di Martin Johnson Heade. Sullo sfondo una natura fitta ed un cielo nebbioso che si apre solo in un punto per far entrare i raggi rosa del sole e mettere in evidenza i rami scarni di un albero.

Martin Johnson Heade è un famoso pittore americano dell’Ottocento, che dipinse una serie di quadri dedicati ai colibrì dopo un viaggio in Brasile.  Queste immagini nascevano con la finalità di realizzare un libro intitolato “Le gemme del Brasile”, volume che però non venne mai dato alle stampe.

Fa quindi parte di una serie più ampia il nostro “Orchidea di Cattleya e tre colibrì”, un quadro che nel titolo racchiude tutti i suoi punti fondamentali: la descrizione dettagliata del fiore che si confronta con la curiosa dimensione degli uccelli e con il loro piumaggio dai colori spinti.

Ma la rappresentazione del colibrì crea un problema: il movimento. L’animale, infatti, muove le ali con una velocità che le fa sembrare quasi ferme, e l’artista non ha molto chiaro come rendere questa sua caratteristica, che insieme alla dimensione minuscola, lo rende un essere bizzarro e affascinante, sicuramente molto esotico.

Il problema del movimento viene quindi risolto con la scelta della sua assenza, gli uccelli sono poggiati sul ramo e guardano tutti verso il nido e le uova. Solo uno sembra accennare al volo, ma la posizione sul ramo ad ali spiegate lo ritrae più nel gesto di un decollo.

Intanto l’orchidea diventa il metro di paragone della dimensione degli animali, è potente, fonte di una vitalità quasi inquietante, come se l’artista non volesse semplicemente riprodurre una pianta, ma ritrarre una sorta di creatura senziente padrona della giungla, terribile e bellissima. Il rosa che costituisce i petali brilla in controluce, mentre questi sembrano arti, intorno ad una bocca pronta ad aprirsi di scatto, magari proprio su quei piccoli uccelli che non sembrano poi così ignari del pericolo.

Le altre piante seguono lo sviluppo dei raggi del sole che vengono appunto da dietro ma perdono importanza, infatti sono solo accennate, rappresentano un contorno che deve solo sfondare la profondità ed aumentare il senso del corpo del fiore.

L’uso del colore deciso e brillante racchiude però la vitalità della composizione, come i tocchi di rosso che riempiono il nido e che si riflettono sulla lunga coda del colibrì più grande, posta in bella vista davanti allo spettatore, mentre il collo fuxia dell’altro uccello sembra richiamare l’orchidea come a dimostrare un contatto diretto con il fiore.

Un quadro decorativo e nello stesso tempo interessante, arricchito dal desiderio di raccontare una storia segreta,  pura e distante, raccolta in un luogo remoto e quasi inaccessibile, e di portarla davanti agli occhi dell’umanità.