Riflessi estivi: la piscina


Ufficiosamente / lunedì, Giugno 26th, 2017

È estate, fa caldo, anzi fa troppo caldo. Se non si ha la fortuna di essere in età scolare e vivere vicino al mare ma se si è degli adulti tristi che agognano un luogo di refrigerio e non si può andare alla casa in montagna o in collina, buttarsi sotto l’ombra di un albero al parco o non basta spararsi l’aria condizionata della macchina in pieno petto, l’unica soluzione intelligente è cercare una piscina.

Anche se la ricerca di una piscina è più simile a quella del Santo Graal, perché questi luoghi mitologici fatti di cloro e fondali azzurri non sono tutti uguali e non vanno bene per tutti.

Prima di tutto si dividono in due grandi aree: sportive e non. Le prime nelle grandi città sono di solito molto diffuse, a dir poco popolari, anche nei prezzi. Le seconde sono piccoli angoli di Paradiso nascoste nei condomini o negli alberghi.

Le prime, lo dice il nome, si trovano vicino alle palestre, ai circoli, sono attive tutto l’anno, sono piene di fomentati che usano pinne, cuffiette, occhialini e vanno avanti e indietro con un’energia che al solo vederli mi viene il fiatone. Le seconde no.

Le sportive hanno orari delle attività, cyclette per l’idrobike, casse per l’aquagym, bambini che si muovono in sciami andando e venendo dalle corsie, tuffandosi a ripetizione mentre istruttori muniti di fischietti e tono autoritario fanno i solchi a bordo piscina con l’andare avanti e indietro.  Le altre no.

Nelle prime non si può mangiare sotto il proprio ombrellone, che a volte neanche c’è, non si può papereggiare e si deve rispettare il “codice della strada delle corsie delle piscine”, comprese le precedenze e gli attraversamenti pedonali. Nelle piscine non sportive l’aperitivo anche alle 11 è la normalità.

E secondo voi a quale agogno io? Quella piena di sportivi che dimostrano la loro voglia di stare in forma sputando in acqua a ogni bracciata o quella immersa nel silenzio, dove l’acqua ha il compito esclusivo di refrigerare e massaggiare le mie membra stanche?

Inutile che rispondiate, era una domanda retorica. E anche il mio desiderio è retorico perché, fino ad ora, non ho trovato il mio Graal, anche applicandomi nella ricerca con un impegno tutto nuovo.

Certo, ho dei parametri importanti da rispettare: la voglio vicino a casa e che non mi costringa a fare la cessione del quinto (che al momento neanche ho) per accedervi. Mi rendo conto di avere delle pretese altissime, eppure penso che sia proprio nella pretesa che si nasconde il germe del successo: fammece provà, che ad accontentarsi c’è sempre tempo.

E infatti, mentre passo il tempo a spulciare alberghi improbabili, a circuire amici con piscine condominiali appetibili, a vedere insomma se esiste il mio personale Shangri-La, mi accontento di un paio di luoghi che rispondano almeno alla mia prima necessità: essere vicini a casa, anche se pieni di atleti.

A dire la verità non sono però proprio uguali tra loro, una piscina rientra in tutti i canoni che ho descritto sopra, mentre l’altra, forse per mancanza di iscritti, sembra un ibrido tra la sportiva e non, anche se è in un circolo. Se in una si aggirano ragazze dal sedere di marmo con la monopinna (avete mai visto la monopinna? È un agevole attrezzo di almeno 80 cm di larghezza che simula la pinna di una sirena, ci si mettono entrambi i piedi e si nuota con uno slancio che fa fare circa 15 metri di corsia in apnea poi, quando si ci gira per tornare indietro, sembra che stia passando un capodoglio che dà le pinnate per salutare le navi), nell’altra l’età media è ottant’anni e al massimo si può avere paura di trovare qualche dentiera smarrita nello spogliatoio.

Naturalmente quella più tranquilla è più piccola, sarà la metà, e soprattutto ha una bella corsia trasversale alta un metro e trenta, che dovrebbe essere per i bambini, ma visto che io sono giovane dentro la trovo ideale per fare il morto a galla, la mia attività preferita che corrisponde alla giusta quantità di movimento che posso fare in acqua. Eppure non è perfetta neanche lei, perché anche qui c’è gente che vuole fare un po’ di sport o costringere i figli a farlo.

Eppure si vede che non ci credono neanche loro, che vorrebbero tanto non essere sportivi. Lo si vede prima di tutto dagli istruttori, chiaramente reclutati fuori dai licei mentre facevano il lancio di uova e farina. Poi dal modo pacato con cui quelli più anziani strascicano i piedi mentre si avvicinano all’acqua per togliere le foglie degli alberi e dal tono languido che usano per invitare le care vecchiette a muovere le gambe durante i quarantacinque minuti di idrobike. Infine anche gli utenti si buttano in acqua ma con calma, senza alzare troppi schizzi, magari con la tavoletta, che aiuta la navigazione in corsia.

Così, nell’attesa che arrivi il momento del mare, o della montagna, o della mezza collina, scandisco la mia agenda nei giorni in cui posso andare in piscina e quelli in cui non posso. Oggi per esempio, non potrei, perché devo scrivere questo pezzo, ma visto che sono una sciagurata direi che va bene così e un paio d’ore potrei anche farcele…