Tutti in fila


Ufficiosamente / lunedì, Ottobre 9th, 2017

Le file non sono tutte uguali. E non è solo per la legge di Murphy che dice che la fila accanto a te è sempre la più veloce, ma perché ogni momento di attesa dietro a qualcuno o a qualcosa racchiude in sé altri momenti fatti di pensieri, gesti e imprecazioni.

La fila in macchina per esempio, si fa da seduti, di solito avviene quando si è in ritardo o quando si deve andare in bagno con urgenza. È caratterizzata da un senso di claustrofobia perché non si può abbandonare il veicolo, naturalmente se si è in fila non solo si è incastrati tra le altre macchine, ma non c’è lo spazio per parcheggiare. Di solito ci permette di insultare agevolmente tutti quelli che sono fuori e dentro la macchina ed è accompagnata dalla radio che può dare notizie proprio sulla fila in cui ci troviamo o sulle file in cui si trovano gli altri. Sapere che si è in coda per 10 Km insieme ad altri come noi può creare un senso di rassegnazione o aumentare il panico, dipende dal carattere e dall’urgenza con cui si deve andare in bagno.

La fila alla posta. Alla posta si va o per pagare o per ritirare qualcosa che ci dirà che dobbiamo pagare. E come se non bastasse i metodi per ridurre le file si sono arricchiti di simpatiche infografiche e disegnini sui biglietti coi numeri che dovrebbero alleggerire gli sportelli e rendere tutto più rapido, ma aumentano la confusione dell’utente e triplicano le aspettative. È quindi la fila in cui le aspettative vengono deluse, quella che ti permette di stare spesso seduti ad aspettare ma che ci costringe a fissare un tabellone vedendo scorrere numeri uguali al tuo, ma con un simbolo diverso ad indicare una fila diversa che moralmente ti scavalca, quindi ti spingono a farti sentire superato anche da quelli che non sono nella tua stessa fila.

La fila dell’INPS. La fila all’INPS, come all’Agenzia delle Entrate, racchiude la stessa ansia della fila dal medico perché di solito abbiamo solo una vaga idea del perché siamo là, ci siamo informati in modo confusionario su internet su quello che ci può aspettare e sicuramente sappiamo quando siamo entrati, ma non sappiamo se e come ne usciremo.

La fila dal medico. Per questa fila vale quello detto per la fila all’INPS, ma si arricchisce della suspance della chiamata per nome o della presenza o meno del medico a studio, perché ci sono dei medici che ti danno appuntamento e poi non si presentano, non è una leggenda metropolitana. Sono tra le file più snervanti perché partono dall’idea che hai un appuntamento, quindi non dovresti fare la fila, invece ti ritrovi in un flusso di altre persone che, come te, vedono slittare il loro tempo senza capire la fonte dell’inghippo. Così l’attesa è farcita di solidarietà e frustrazione perché ci sentiamo parte di un ingranaggio in cui gli altri ci fanno perdere tempo, ma anche noi faremo perdere tempo ad altri ancora, quindi non possiamo prendercela con nessuno, tranne che con il grande artefice di questo impiccio, il medico, fonte di sollievo o di dolore a seconda della nostra fortuna.

La fila alla cassa del supermercato. I supermercati civili hanno inserito un sistema per cui ti bloccano prima delle casse e ti chiamano quando la cassa è libera, eliminando le file alle singole casse. Così facendo non solo limitano la confusione intorno alle cassiere, ma anche la curiosità dei fruitori della fila, che non potranno guardare nel carrello di chi li precede. Ora non ditemi che non guardate mai la spesa di quello davanti a voi quando la deposita sul rullo e non vi fate delle domande, perché io lo faccio sempre. Mi interrogo sia sulla persona in sé (spesa da single? spesa da giovane coppia o famiglia?) sia su quello che ci deve fare con la spesa (è quella della settimana? Oppure ha una festa? Oppure è depresso e si è comprato dieci confezioni di miniformaggini per dimenticare quella che lo ha lasciato?). È una delle file più interessanti dal punto di vista antropologico perché ti permette veramente un rapporto diretto con l’altro, oltre che di dare giudizi arbitrari su sconosciuti ed alimentare i propri preconcetti.

La fila per pagare al ristorante. Se è a pranzo la pausa è finita, si torna agli arresti domiciliari o a fare quello che non abbiamo voglia di fare quindi si rallenta inconsciamente il momento del pagamento del conto, se è sera hai la pancia piena e si è presi dal torpore del fine giornata, quindi si è rallentati in tutto, anche nello scocciarsi di aspettare. In questo loop del rallentamento rientra anche la digestione e forse per questo è mediamente ordinata, raramente si incontra gente che ha voglia di scavalcare, o non si ha la forza di litigare perché il carboidrato sta agendo sull’umore. È quindi di solito tra le file più calme che si possano fare.

La fila ad un concerto. La fila a un concerto è per scelta, non ci si trova per sbaglio, la si fa sapendo che è necessario per arrivare nella posizione che si desidera, di solito nel punto dove dovremmo vedere meglio in assoluto. Per questo richiede una grande motivazione, chi fa questo tipo di fila non è scontento di farla, anzi, la considera un male necessario per raggiungere un obiettivo di grande soddisfazione, in più è una fila dove è autorizzato spingere e pogare, quindi implica anche un corpo a corpo in cui si scaricano le tensioni.

La fila in farmacia è coronata dalla presenza di migliaia di vecchiette che si conoscono tra loro e che sono intime amiche del farmacista. Possiamo trovare molti cagnolini di piccola taglia che fanno la fila con noi in queste occasioni, e magari decidono di interessarsi alle nostre gambe per passare il tempo, o cercano di mangiare i prodotti nei ripiani bassi degli scaffali, ma vengono tirati per il collo o sollevati repentinamente a pochi centimetri dalla conquista. In queste file di solito più ci si avvicina al bancone più sale l’ansia perché si ascoltano le malattie degli altri mentre il desiderio di compare cose inutili ma affascinanti aumenta, occhiali da presbite, sbiancanti per denti, cure omeopatiche e burro di cacao, la lista è infinita.

La fila dal panettiere. Il problema di questo tipo di fila, come quelle al bar, è che hai fame, quindi l’impazienza sale a manetta. Sei circondato da cose che potresti mangiare, che vorresti mangiare ma che non devi mangiare e la tentazione di farsi dare una striscetta di quella pizza col pomodoro da gustare mentre si torna a casa, o la pizzetta bianca, o il rustico, diventa talmente forte da prenderti al centro della testa come una freccia. Quindi il tempo di attesa si condensa in un insieme di “lo faccio, non lo faccio” finché non arriva il tuo turno e là devi prendere una decisione in pochissimi secondi, decisione che risulta di solito sbagliata, perché se cedi avrai il senso di colpa che non lo hai fatto, se non cedi ti rimarrà la voglia che si ripresenterà comunque anche la volta dopo, ma che ti accompagnerà fino a casa ricordandoti che potevi avere una soddisfazione e non te la sei tolta.

Come ho detto all’inizio le file non sono tutte uguali, ma tutte ci fanno apprezzare il valore del tempo.