L’undicesimo comandamento: non buttare


Ufficiosamente / lunedì, Settembre 8th, 2014

IMG_20140901_142000 (1)Fa ancora caldo, il cambio dell’armadio sembra lontano, ma l’armadio può essere sempre un protagonista attivo della nostra vita. Questo perché vive costantemente con noi e tende a crescere o meglio, a gonfiarsi, fino a metterci nella condizione di dover decidere se allargarlo, assecondando i suoi piani espansionistici simili a quelli di Napoleone con la Russia, oppure appunto fare come i russi, che pur di non cedere bruciarono tutto e costrinsero i francesi  a fuggire.

Eppure per alcuni è più facile sfondare una parete per metterci un nuovo armadio che buttare i grembiuli delle elementari. Anche se la colpa non è tutta nostra, io sono convinta che ci sia una sorta di Demone dell’Accumulo che si tramanda di generazione in generazione, e che passa da nonna a madre a figlia con una maledizione che sembra quasi un precetto religioso recitato da una voce cavernosa nella nostra coscienza: “Qualunque cosa attraverserà la soglia di casa tua non andrà buttata”.

Avendo quindi una propensione genetica per l’accumulo, ma riuscendo ancora a contrastare la malignità del Demone, così da contrastare con la razionalità questo impulso malsano a non buttare niente, sto elaborando varie tecniche di approccio alla spazzatura che voglio condividere con voi nella convinzione di fare un servizio di pubblica utilità.

Il metodo più facile per ciò che è abbigliamento, ovvero la parte più sensibile ai problemi di spazio e gestione dell’armadio, è quello definito “statistico” dove i vestiti vengono valutati secondo un criterio che riguarda l’utilizzo in un lasso di tempo “breve”: tre anni. Bisogna prendere la gonna di turno, cercare di ricordare l’ultima volta che la si è indossata e, se appunto non l’hai indossata negli ultimi 3 anni vorrà dire che:

  1. Non ti piace
  2. Non è più di moda
  3. Sei ingrassata

 Dunque se non ti piace è inutile ricordarti ogni volta che hai buttato dei soldi, se non è più di moda devi accettare che ti sei fatta vecchia e se sei ingrassata va bene mettersi a dieta, ma anche farsene una ragione che non potrai rimettere quel vestito a stretto giro e che magari avrai una scusa per chiedere alla commessa una bella taglia quarantadue una volta passati i brutti momenti di fame che ti aspettano.

Dopo aver applicato questo metodo sulle scatole che contengono le magliette degli anni Ottanta e alle scarpe con la punta quadrata e il color cammello, passiamo agli oggetti e per oggetti intendo tutto quello che ha un’apparenza di utilità per un punto indeterminato nella linea del futuro.

Che siano le onnipresenti buste, sono sempre troppe rispetto al riuso che se ne può fare, o i giornali vecchi o le scatole delle scarpe, gli oggetti ci raccontano sempre una fandonia quando li teniamo in mano e ci avviciniamo al cestino per buttarli, ci intortano facendoci credere che potranno rendersi utili e diventare la soluzione a problemi improvvisi che si presentano sotto la forma del “non si sa mai”.

Ma l’unica cosa vera è il “mai”, perché quando piove e ci serve un giornale per raccogliere l’acqua che entra dagli infissi rotti non c’è un giornale, quando hai bisogno di una busta piccola trovi solo buste enormi e quando hai bisogno di una scatola sarà troppo stretta o troppo lunga. Quindi gli oggetti ci ingannano e una volta scampato il pericolo di morte si nascondono in casa, occupandola fino a diventarne loro i padroni senza che ce ne rendiamo conto.

Le uniche cose che sono vittima della propria vanità sono le bomboniere. Per loro natura devono essere in bella mostra e per questo sono le prime ad essere esposte al vaglio di un ripulisti del vecchio e inutile.

Ora non ve ne abbiate a male, anche io ho prodotto e distribuito vari tipi di bomboniere, compresa quella di laurea, che sono state abbandonate per il mondo, ma c’è un limite ai ninnoli superflui che si possono tenere o esporre in casa, e non solo per l’accumulo della polvere e le conseguenti allergie,  ma proprio per un’educazione costante al buon gusto che ognuno di noi dovrebbe svolgere non solo verso gli altri ma anche verso se stesso.

Così, quando si è raggiunta la coscienza che non si può più fare finta di niente davanti alle librerie e alle mensole da cui ammiccano pagliacci o scatoline bizzarre, si può decidere di valutare le bomboniere secondo tre metodi di giudizio:

  1.  Valenza affettiva
  2. Valenza temporale
  3. Utilità

La valenza affettiva significa, in spiccioli, che la bomboniera del matrimonio di mamma o di un fratello non si butta, neanche la propria perché comunque è stato un investimento, possiamo tenere al limite quella della migliore amica, quindi siamo a quota quattro, sperando che non ci siano troppi fratelli in giro.

Per il criterio temporale tutte le altre bomboniere che non rispondano ai criteri 1. e 3. devono essere tenute sei mesi, il tempo di farle trovare a chi ce le ha regalate se viene a casa, e per questo andranno posizionate in un luogo preciso che le ospiterà a turno prima che trovino la loro definitiva sistemazione in qualche discarica o al mercatino dell’usato, abitato da strani personaggi che le acquistano, ma quella è un’altra storia.

Il criterio dell’utilità è rarissimo, proprio perché è insito nella bomboniera essere un oggetto inutile, ma lo citiamo perché siamo ottimisti, quindi vogliamo immaginare che il fermaglio con gli angioletti o la penna con la piuma possano trovare spazio in qualche portagioie o scrivania, ma lo facciamo per puro spirito cristiano.

Per quanto riguarda la tecnologia “obsoleta” mi riservo un secondo capitolo, perché anche là ritengo ci siano influenze paranormali che determinano il destino dei caricabatterie e dei cavi, che forse addirittura si riproducono nei cassetti senza che noi ce ne accorgiamo.

Ma la cosa più importante, quando si decide di compiere il grande passo del riordino di un armadio o di un cassetto, ricordate che è la serenità, soprattutto nell’usare le buste conservate con tanta cura per buttare altre buste, credo sia la vendetta migliore per quelle infide manipolatrici.

N.B. Ringrazio Pierangela Rodilosso per l’indicazione del metodo “statistico” fonte ispiratrice di queste utili riflessioni.