Come un Panda. La dura vita del single


Ufficiosamente / lunedì, Novembre 21st, 2011

Ora lo dico ad alta voce: sono single. Si è vero, suona malissimo … si capisce proprio che mi manca qualche cosa. Ecco perché non lo ammetto mai e uso questo termine solo se proprio non riesco a farne a meno. Se un single dice che sta bene e che non vuole stare con nessuno, beh, vi prego di andare a leggervi, qualora non la ricordiate, la favola di Esopo “La volpe e l’uva”.

Esistono diversi tipi di single, c’è quello che lo è “per scelta”, ma non sua, di qualcun altro. Ovvero è innamorato di qualcuno che non lo vuole minimamente o che peggio, lo fa sperare e non si decide mai. Poi c’è il single “per necessità”, e qui parliamo della persona lasciata alla fine di una relazione che si guarda intorno disperata cercando qualcuno per riempire quello strano vuoto che si porta dietro e che non capisce. Poi c’è il single “per finta”, ovvero quello che ha una relazione segreta e che, non potendola confessare, dice a tutti di stare da solo. Quest’ultimo è quello che, paradossalmente, rosica di più, perché lui potrebbe stare nel gruppo di quelli accoppiati, socialmente sicuramente i migliori, e invece gli tocca stare tra gli “sfigati”.

Dico che gli accoppiati sono socialmente i migliori perché, non so a voi, compagni solitari, ma a me è capitato più di una volta che le persone che sono venute a conoscenza di questa condizione mi abbiano guardata come avessi una malattia, anche ritraendosi leggermente, come fosse contagiosa, e dopo un sospiro contrito a volte mi hanno anche chiesto “Come mai?“.

A questa prima fase, ovvero l’acquisizione dell’informazione, ne segue una seconda, ovvero la ricerca della soluzione del problema. Perché gli interlocutori danno per scontato sia un problema! Non é infatti concepibile che si possa sopravvivere senza l’altra metà della mela, senza una persona che ci condizioni in ogni momento, che diventi il fulcro della nostra vita che, insomma, rappresenti il sogno romantico nel quale io ho smesso di credere da tempo.

Così, a questo punto, i vostri interlocutori, a volte infelicemente accoppiati, iniziano a pensare a tutti gli altri single che conoscono e voi vi ritrovate come il panda di uno zoo che aspetti l’arrivo di un altro  panda per formare la nuova famiglia felice che preserverà la razza dall’estinzione e il parco dalla chiusura.

Anche ieri mi è successo. Il marito di una mia amica aveva deciso di piazzare un suo amico single. A dire la verità cerca di piazzarmelo ogni sei mesi, ovvero ogni volta che abbiamo il bene di incontrarci, ed io ogni sei mesi subisco questo assalto emotivo.

Inizia col presentarne le qualità: automunito, casa di proprietà a Ciampino, amante del mare, fisicamente prestante. Sul fisicamente prestante lo blocco subito, io ho degli standard molto rigidi, sotto il metro e 84 cm non li vedo neanche. Lui ci pensa e dice:”un metro e 75.” Io alzo le mani e chiarisco subito: “Mi dispiace, è basso, non va bene“, sperando che la discussione sia finita là, invece prosegue.

Il mio amico infatti inizia a decantare il restauro che il soggetto single ha appena fatto alla sua casetta “fuori porta”, e dopo aver armeggiato col cellulare mi sottopone una foto del fantastico divano che ha comprato dicendo: “ama molto il bambù“. Sorvolo sulle frasi perfide che mi sono passate in testa nel giro di 10 secondi, vi dico solo che per me l’argomento arredamento è sacro, non posso pensare di vivere in una casa che abbia anche un solo mobile in bambù, figurarsi di sedermi su un divano fatto in questo stile etnico adatto ad un giardino di Bali, e non ad una casa romana.

Trattengo il brividino di orrore e cerco di portare l’argomento sulle birre artigianali, nonostante la mia famosa astemia, ma lui a questo punto sferra l’arma segreta. “Guarda che è intelligente“. Ecco, un aggettivo utile riferito ad un uomo: ”intelligente”, capisco subito quanto é grande la fregatura. Quando di una donna dicono che è “simpatica” vuol dire che è brutta come una caduta dalle scale, quando di un uomo dicono che é “intelligente” sicuramente non è ricco.

Quindi scatta la domanda di rito: “E cosa fa nella vita?” il mio amico beve un sorso di birra, sicuramente per prendere tempo, perché ormai è conscio all’improvviso dell’errore tattico, e dice cercando di essere disinvolto: ” Non so, per ora non lavora.”

Ora, signore mie (e dico signore perché voi sicuramente mi capite), s’è mai sentito dire da una donna che cerca il “Non si sa bene che fa Azzurro?”, mi pare di no, mi pare che qualunque donna, a conti fatti, cerchi il “Principe Azzurro”, vai a capire il motivo…

 N.B. Non ho rivelato a quale categoria di single appartengo io perché al momento della pubblicazione potrei non essere più single, o essere un single “per finta”, ma meglio chiarirlo, metti che mi legga qualcuno che mi interessa…

4 Commenti a “Come un Panda. La dura vita del single”

  1. Mitica!! verissimo, inoltre se non sei neanche …proprio repellente iniziano a guardarti come un caso clinico chiedendosi vorticosamente cos’hai che non va e di solito la frase seguente è…devi avere prorpio un caratteraccio!! :))
    ciao

  2. Carissima, ho letto con grande interesse la Sua disamina della singlitudine da un punto di vista femminile. Ma mi permetta, visto l’interesse che ha suscitato in me il suo blog che ho fortuitamente scoperto, di invadere proditoriamente il suo locus telematico (si ritenga libera di cassare il commento se troppo lungo o inappropriato: mi sto annojando, e per ciò sarò prolisso) di produrle anche un punto di vista diverso, ovvero quello maschile, dal quale potrà ricavare che, se Atene piange, Sparta non ride.

    Quello che io considero uno dei maggiori problemi di un single paraquarantenne e bonvivant sono le terrybili cene tra amici. Ci sono persone che si conoscono da tempo, che si frequentano con grande piacere, ma – sacripante! – sono tutti sposati. Per cui quando si organizza una cena a coppie, vi invitano e siete un indomabile scapolone (peggio ancora se dorato), si possono verificare alcune situazioni tutte spiacevoli.

    La prima, più semplice, è quella di essere da solo con quattro o cinque coppie, e ovviamente la cosa non va. Ma è il meglio che può capitare. Perchè se le cose si mettono male, una delle mogli di uno degli amici decide di tentare di accoppiarvi, ed allora si prodiga nell’inserire tra i convitati una sua amica single anche lei per farvi compagnia. Ora l’idea potrebbe essere anche buona, se l’amica fosse una ninfetta erotomane dal fisico sinuoso e dall’età intorno ai venticinque anni. Putroppo nella vita reale l’amica è sempre antipatica, avvelenata con il genere maschile, notevolmente sovrappeso e tipicamente ansiosa di raccontarvi tutte le sue delusioni, delle quali ovviamente vi interessa tanto quanto le prospettive della coltivazione delle ortiche in Bessarabia.

    Tipicamente questa specie di depresso Moby Dick comincia a raccontare quanto gli uomini sono pessimi con lei, e quanto sia difficile trovare una persona che vada oltre l’aspetto fisico. Io in generale attendo una mezzoretta e poi – bisogna agire subito altrimenti te la fanno portare a casa ed allora sono guai- le dico di essere uno superficiale e cinico, che sotto un limite minimo una può essere anche simpatica come Gino Bramieri, intelligente come Marie Curie e può anche ispirarmi fiducia nelle istituzioni quanto il Presidente Napolitano, ma io non la sfioro neanche con un dito, e in generale il tricheco si offende pensando che si parli di lei, il che in un certo senso è vero.

    Nel frequentare le coppie, c’è anche un altro problema. E’ ovvio che per un paraquarnantenne una parte non trascurabile delle avventure avviene con donne sposate, e queste donne naturalmente si conoscono in eventi sociali.Per questo non è raro che il suddetto venga evitato ed aborryto in quanto elemento grave di perturbazione ed instabilità.

    D’altra parte non è colpa del single se una donna sposata e annojata vede in modo diverso la prospettiva di salire su una spider con il tetto aperto per un weekend a Portofino rispetto all’entrare dentro una Multipla colore tristezza che sa di formaggino e si dirige caracollando a Gardaland. Per cui succede che, a volte, non ti invitano più, per asciugarti il pozzo. Qualche giorno fa, durante i festeggiamenti natalizi, una mia amica – conoscenza che vorrei anche approfondire, l’ho vista questa estate al mare ed ha argomenti ottimi – me l’ha detto chiaro e tondo: suo marito non vuole che io sia più invitato alle loro feste fino a quando non mi sarò fidanzato. Questa la conosco, ma le altre? Dove le incontrerò?

    Il tutto mi porta ad una tragica ma inevitabile riflessione finale.

    Ho la fortissima sensazione che l’unica possibilità per continuare a fare agevolmente questa tutto sommato fantastica vita da scapolo sia quella di sposarmi.

    Manlio Germont

    PS: Potrei pure chiederla in sposa, visto che sono più alto di 1.84, ho in grande disdegno il bambù (mi piacciono i divani di Cassina, fino a quando posso permettermeli), non sono per nulla intelligente (lo può giudicare dal tenore fatuo dei miei scritti) e lavoro, non fosse altro per tenermi impegnato quando non ho nulla da fare. Ma, semmai non mi trattenessi dal richiederle tanto, mi raccomando lei mi dica di no. Non vorrei risolvere il problema dei pomeriggi nojosi rovinandomi la vita.

    1. Scusi Manlio ma, causa trasloco, dovrei vendere una serie di mobili di Cassina del ’72 tra cui un divano completo di poltrone su cui sono cresciuta, oltre a librerie, una sala da pranzo e delle cassettiere, Lei potrebbe essere interessato?

      Mi faccia sapere

      Cordialmente

      g.

      P.s. Ho provato a scriverle a quell’indirizzo e-mail, ma mi tornano indietro i messaggi, come mai?

I Commenti sono chiusi.